KURGAN – seconda parte

I Kurgan e Marija Gimbutas

 

 

marija gimbutas

 

 

Dopo il primo articolo sui Kurgan, continuiamo ad analizzare le dinamiche che destabilizzarono i territori europei in diverse fasi della protostoria.

In Europa, infatti, prima all’arrivo dei Kurgan indoeuropei, era diffusa una cultura agricola avanzata. Marija Gimbutas ha trovato innumerevoli reperti in Europa centro-orientale dove gli antichi vantavano città di notevoli dimensioni, molti abitanti, case di cinque stanze, una scrittura sacra (con questa dichiarazione si giunge a considerevoli livelli di scontro con i detrattori di questa teoria), ceramisti, tessitori, metallurgisti specializzati nella lavorazione di oro e rame. Esisteva una fiorente rete commerciale su cui transitavano merci come ossidiana, conchiglie, marmo e sale.

Secondo la studiosa, tutto questo rimescolio di genti e di cultura, non arrivò da luoghi imprecisati e lontanissimi, bensì da un’area  non molto lontana dall’Europa centro- orientale, l’Anatolia, che presentava una cultura matura già mille anni prima. Questo risultato è parte integrante di un processo ininterrotto avviato ai tempi del Paleolitico superiore e che si evolvette nella civiltà neolitica di Catal Huyuk.

Ho fatto questo preambolo per ricordare che in un periodo antecedente alla discesa dei Kurgan dalle steppe, in Europa ed in altri luoghi, esisteva una cultura fiorente, poco posteriore al neolitico medio-orientale in cui l’uso delle armi e il mito della guerra, non erano una peculiarità. “Considerare l’economia di guerra un fattore connaturato alla condizione umana è un’ipotesi priva di fondamento. La belligeranza diffusa e la costruzione di siti fortificati sono stati il pane quotidiano della maggioranza dei nostri antenati diretti a partire dall’età del bronzo, fino ai nostri giorni. Tuttavia nel Paleolitico e nel Neolitico, la situazione era ben diversa. Non esistono rappresentazioni di armi (usate contro gli esseri umani) nei dipinti delle caverne Paleolitiche, né vi sono resti di strumenti bellici usati da uomini per colpire loro simili nel Neolitico dell’antica Europa. […] I siti dei villaggi dell’ antica Europa non si distinguono per posizione difensiva ma sono scelti per adeguata collocazione, disponibilità idrica, qualità del terreno e possibilità di pascolo per gli animali. […] Questi cambiamenti si manifestano nell’Europa centrale soltanto verso la fine del Quinto, l’inizio del Quarto Millennio a. C.” Marija Gimbutas, La civiltà della Dea. Il mondo dell’antica Europa. Vol 2.

Questo mondo appena descritto, come più volte sottolineato, andò in frantumi poco a poco, per mezzo delle invasioni Kurgan. Come specificato nella prima parte di questo articolo, le popolazioni indoeuropee delle steppe del nord-est, cominciarono le incursioni in vaste aree. Le migrazioni furono sempre più massicce e scardinarono definitivamente la cultura precedente.

Le invasioni più importanti furono tre:

  • 4400 a. C. circa, prima ondata. I popoli delle steppe del Volga/Yamna antico si diressero nel bacino del Danubio. Per la prima volta nella storia di quel territorio, appaiono i primi segni di violenza (3900-3400 a. C.). Dai ritrovamenti archeologici si determina che dopo la prima invasione, si giunge ad una economia mista allevamento – coltivazioni con maggiore propensione verso il primo. Si accompagna un cambiamento di struttura sociale, religiosa ed economica.
  • 3500 a. C. circa, seconda ondata. Maikos/Caucaso. Era culturalmente più avanzata. Questa ondata prosegue fino in Turchia e Palestina.
  • 3000 a. C. e oltre, terza ondata. Volga/Yamna recente. Invasione potente di uomini e cultura. Fu l’ondata definitiva per l’indoeropeizzazione dei territori.

La ricostruzione delle dinamiche avvenute nei territori suddetti, ha introdotto il concetto di scontro di civiltà ipotizzata a causa della copiosa mole di reperti ossei con segni evidenti di morti per trauma da arma. Sono stati ritrovati crani fracassati e altri segni di violenza, seguiti da uno strato sterile, cioè senza reperti significativi dal punto di vista culturale, per 500 anni.

I ritrovamenti successivi allo strato sterile, si riferiscono a tombe con corredo funerario atipico rispetto agli strati precedenti, quelli cioè della cultura neolitica. Nelle tombe a tumulo (kurgan) sono state rinvenute armi da combattimento, ossa di animali come il cane e il cavallo, presumibilmente sacrificati per accompagnare il padrone nel viaggio ultraterreno, sacrifici umani.

Per molti anni le teorie di Marija Gimbutas, sono state accolte con molto scetticismo. Non si accettava l’idea della cesura netta fra due civiltà, si credeva che la cultura delle tombe a tumulo fosse un’evoluzione di quella precedente. I ritrovamenti archeologici e il lavoro immane di questa donna, hanno aperto la strada a nuove idee, a nuove interpretazioni. Ne è nato un dibattito accesissimo che credo si possa concludere con i nuovi studi genetici di Ewen Callawey che nel 2015 ha pubblicato uno studio sulle popolazioni europee antiche.

L’analisi dei geni, infatti, ha evidenziato l’immigrazione, in Europa, di popolazioni agricolo-pastorali provenienti dal Medio Oriente, intorno agli 8000-7000 anni prima di Cristo, che ha importato le innovazioni Neolitiche. Sono state ritrovate inoltre evidenze di una immigrazione posteriore, di una popolazione proveniente dalla Russia meridionale e dall’Ucraina che ha colonizzato l’Europa centrale, identificabile come cultura Yamna.

Dunque abbiamo un dato certo e incontrovertibile, le analisi genetiche hanno accertato la presenza di geni mediorientali che, con molta probabilità hanno innestato in Europa una cultura neolitica, quindi agricola, già intorno al 7000 a.C. In secondo luogo hanno rintracciato geni provenienti dalla Russia meridionale e dall’Ucraina avallando, di fatto, la teoria dei Kurgan e stabilendo con grande precisione il loro luogo d’origine (gli scienziati avevano messo in dubbio pure quella) e le caratteristiche fisiche. Tutto quello che Gimbutas aveva ipotizzato, con un’esperienza quarantennale nell’ambito dell’archeologia comparata e del mito, è stato confermato per mezzo di ulteriori ricerche. Questa scienziata coriacea, forte, indomita, ha lottato per tutta la vita affinché fosse riconosciuto dagli altri studiosi l’impianto concettuale della sua teoria. E’ stata emarginata, derisa e poi attaccata. Non so se sarà mai abbastanza chiaro il valore di questi studi e di questa archeologa, colei che ha avuto il grandissimo merito, oltre a molti altri, di insegnarci che il fondamento dello spirito umano non risiede nell’atto della sopraffazione; che il germe della storia dell’uomo, non fiorisce nelle terre aride del contrasto e della lotta, può altresì avere origine nei fertili terreni dell’egualitarismo, della cooperazione, nella stupefatta conoscenza dei cicli naturali, da intendere come meridiane delle nostre coscienze.

Vi lascio con le sue parole: “Il tema principale del simbolismo della Dea nell’antica Europa è il mistero ciclico di nascita, morte e rinnovamento della vita, comprendente non solo vita umana ma tutta la vita sulla terra. I simboli e le immagini si raggruppano intorno alla Dea partenogenetica (autogenerante) che è unica fonte di tutta la vita. La sua energia si manifesta in primavera e presso le fonti, nella Luna, nel Sole e nella Terra e in tutti gli animali e piante. E’ datrice di vita, distributrice di morte, rigeneratrice e Dea della fertilità della terra, sorge e muore insieme alle piante. […] Il pantheon protoindoeuropeo esprime una ideologia socialmente ed economicamente orientata. Il sistema è ben strutturato per un’economia mista agricolo-pastorale con classi di regnanti e guerrieri che padroneggiano l’arte della cavalcatura e le armi da guerra. Le funzioni creative di vita e distruttive di morte appartengono ai principali Dei maschili che vanno anche a cavallo e brandiscono armi.[…] Gli antichi europei hanno una grande fede nella rigenerazione ciclica il cui concetto principale viene espresso nell’architettura funebre con la ‘tomba grembo’. Le tombe hanno forma di uovo e di utero oppure antropomorfiche, essendo concepite come corpo della Dea.[…] Le funzioni e le immagini dell’Antica Europa e quelle Indoeuropee, le credenze di una vita dopo al morte e la serie completamente diversa di simboli, dimostrano l’esistenza di due religioni e mitologie contrastanti. La loro collisione in Europa porta all’ibridazione di due strutture simboliche, fra cui prevale quella indoeuropea mentre quella dell’antica Europa sopravvive come una corrente sotterranea. Senza il riconoscimento delle due diverse strutture simboliche, le ideologie dei popoli europei e la genesi e significato di simboli, credenze e miti non possono essere compresi. Lo scontro fra queste due ideologie e strutture socio-economiche porta ad una drastica trasformazione dell’antica Europa. I cambiamenti si esprimono come transizione dall’ordine matrilineare a quello patrilineare, da teacrazia dotta a patriarcato militante, da società sessualmente equilibrata a gerarchia dominata dal maschio, da religione della Dea ctonia a pantheon maschile indoeuropeo orientato verso il cielo”.

Leave a Reply